Prendiamoci cura delle madri, ci prenderemo cura del mondo intero

Dopo il concepimento l’embrione, e poi il feto, si forma e cresce totalmente immerso nei fluidi materni, e per questo, secondo gli esperti di psicologia pre e perinatale, non è in grado di differenziare la sua esperienza fisica emotiva ed energetica da quella della madre.

La madre è tutto il suo mondo ed è l’intermediaria tra il mondo esterno e il mondo interno del piccolino nel suo grembo. Quello che vive lei diventa ciò che vive il bambino. Quello che è là fuori, per lui/lei è qui dentro.

Dunque è veramente importante il modo con cui la madre vive la sua gravidanza: se è felice o infelice, se si nutre bene o mangia cibo spazzatura, se è esposta a fattori inquinanti, volontari (come alcool, fumo, droghe, farmaci) o involontari (inquinamento ambientale), ma anche quanto è stressata a livello lavorativo o affettivo, quanto supporto e quanto amore riceve dal partner e dalla sua famiglia di origine e via dicendo.

Attraverso il suo sangue infatti arriverà al figlio non solo il nutrimento e/o le tossine fisiche, ma anche le “molecole di emozioni” corrispondenti ai suoi stati d’animo.

Una mamma felice produrrà endorfine, dopamina, serotonina, ossitocina, che sono l’equivalente biochimico della felicità, della serenità, della soddisfazione. Il bambino che le riceve si prepara a nascere in un mondo amorevole e accogliente.

Una mamma infelice e stressata produrrà adrenalina, noradrenalina, cortisolo in risposta alla paura, alla rabbia, alla tristezza, all’ansia.

Queste sono le molecole dello stress, delle emozioni negative, che, arrivando al bambino che si forma nel suo grembo, lo plasmeranno in modo da prepararlo ad un mondo ostile e pericoloso.

Quando è il momento di venire alla luce, per il bambino la nascita è un viaggio tra i mondi, quello interno, fluido e protettivo del grembo materno, l’unico che conosce, verso quello esterno sconosciuto, freddo, rumoroso…

È un rito di passaggio doloroso e cruento, in cui il piccolino si trova spesso confuso, disorientato, perso, bloccato, stritolato dalle forze potenti delle contrazioni, aggrappato alla speranza di uscire alla luce.

E questo anche nelle nascite più facili, nei parti naturali, dove non c’è bisogno di interventi medici.

Eppure nessuno ne parla…

Se i dolori del parto sono provocati nella donna dal passaggio della testa e del corpo del bambino contro i tessuti della pelvi materna, perché è così difficile immaginare che quella stessa compressione e attrito provochi dolore anche nel bambino?

Probabilmente perché il bambino è un essere preverbale, che non sa raccontare a parole com’è stato per lui/lei il viaggio della nascita, quanta paura ha avuto di non farcela, quanto forte era la compressione contro la sua testolina ancora morbida, contro il suo corpo, quante volte gli è mancato il respiro perché il cordone era compresso contro il sacro della mamma…

Ma questo non diminuisce l’intensità delle sue sensazioni, delle sue emozioni.

Siamo noi che non lo capiamo, che non siamo disposti a riconoscere che è un essere senziente, e che magari ha un altro modo di esprimersi, che non è quello delle parole.

Questa riflessione ci porta quindi a considerare la nascita non solo come dolorosa e difficile per la mamma ma anche per il neonato.

Considerare da subito il vissuto del bambino e ciò che può aver passato fisicamente ed emotivamente ci porterà a comprenderlo meglio e ad essere più empatici rispetto ai piccoli segnali che ogni neonato manda ai propri genitori.

Partiamo quindi dalle madri, prendiamoci cura di loro, comprendiamo a fondo le loro necessità e le loro difficoltà, saremo più aperti verso i loro bambini e quindi, il mondo intero.  

Sono qui per Te ❤️

 

 

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